La siccità come conseguenza dei cambiamenti climatici

Mentre nei cinema italiani è da poco uscito “Siccità”, la commedia di Paolo Virzì sullo sfondo di un’ipotetica crisi climatica che lascia senz’acqua il Tevere, le più recenti previsioni elaborate dai meteorologi di Global Energy and Commodity Management (GECM), in collaborazione col team di climatologia di Administration, Finance and Control (AFC) Holding, dicono che, anche con la ripresa delle precipitazioni piovose sul nostro Paese, la scarsità idrica accumulata nei mesi scorsi è destinata a proseguire ancora. Purtroppo, questa non è una condizione eccezionale, quanto il segno di una tendenza del cambiamento climatico globale in atto, con conseguenze anche sul fronte energetico. “Bisogna distinguere tra l'idrologia e le precipitazioni: quest'ultime sono tornate a cadere, ma abbiamo un deficit cumulato che richiederà del tempo ed altre piogge, per essere colmato. E servirebbe parecchia neve”, dice Marco Formenton, meteorologo di Enel Global Trading. Estati sempre più calde Nell’Europa meridionale il clima estivo è determinato in condizioni normali dall’interazione di due fattori principali: l’anticiclone delle Azzorre, che porta dall’Oceano Atlantico aria, mite al suolo e fresca in quota, verso la zona centrale del continente e l’Italia; e l’anticiclone africano, che invece trasporta aria calda dal Sahara verso l’Europa del Sud. In una situazione di equilibrio, storicamente, si crea un’alternanza fra i due anticicloni. Negli ultimi anni, invece, l’aria calda in arrivo dall’Africa ha iniziato a prevalere portando ondate di calore, temperature medie più elevate, afa e scarse precipitazioni. L’aria desertica, infatti, essendo molto calda anche in quota, inibisce la formazione dei temporali e attenua di molto le brezze. Le temperature rimangono sempre molto elevate, con massime che raggiungono, e spesso superano, i 40 gradi centigradi. A peggiorare la situazione, c’è poi il fatto che l’aria desertica, attraversando il Mediterraneo, si carica rapidamente di vapore e per arrivare nelle nostre regioni con livelli elevati di umidità, che portano velature del cielo e aumentano la sensazione di afa. “A partire dai primi anni Duemila si sta assistendo ad un aumento della frequenza di questi episodi, a un aumento della loro durata quando avvengono e anche a un aumento della loro estensione geografica”, dice ancora Formenton. “È ormai qualche anno che in Scandinavia si registrano, in alcuni periodi dell’estate, massime sopra i 30 °C, valori veramente eccezionali per loro”. Un futuro arido? Non solo ondate di calore: le temperature elevate, in questi mesi, sono state accompagnate da scarsissime precipitazioni. A Milano, nei primi sette mesi del 2022 ha piovuto il 60% in meno rispetto alla media storica, e le proiezioni climatiche mostrano che siamo ormai in pieno in una tendenza pluridecennale di aumento di frequenza dei periodi secchi. A fronte di un aumento di 2°C della temperatura globale, nell’area Mediterranea la scarsità idrica (condizione in cui la disponibilità di risorse idriche è inferiore alla richiesta) potrebbe riguardare il 54% della popolazione, circa 120 milioni di persone. Se poi l’innalzamento della temperatura arrivasse a + 3°C, l’aridità del suolo potrebbe aumentare del 40%, coinvolgendo 170 milioni di persone. Si tratta di scenari più che verosimili, specialmente nel nostro Paese, uno degli hotspot del riscaldamento globale. “Per gestire la carenza di risorse idriche sono già disponibili misure di efficientamento, come ad esempio, il monitoraggio e misure di risparmio nell'uso sia per l’agricoltura che per l’uso civile che tuttavia potrebbero non bastare negli scenari futuri più severi. Si rende quindi necessario iniziare a strutturare strategie di adattamento più articolate per far fronte alla challenge che gli scenari climatici ci riservano”, avverte Laura Di Bernardo, Climate Change Analyst – Group Strategy, Economics and Scenario Planning, AFC, Enel. Idroelettrico senz’acqua Ovviamente le conseguenze del riscaldamento globale sulle precipitazioni non si limitano al solo periodo estivo: secondo un recente studio, negli ultimi quarant’anni, la durata del periodo di copertura nevosa nel mondo (Alpi comprese) si è ridotta mediamente di 15 giorni. La scarsità di precipitazioni nevose invernali è uno degli aspetti fondamentali che provoca una perdita delle riserve idriche naturali e artificiali che alimentano gli impianti idroelettrici, anche i nostri. Dunque, ci siamo trovati ad affrontare una scarsità crescente della risorsa primaria necessaria al loro funzionamento, con una conseguente riduzione della produzione elettrica proprio mentre la domanda di elettricità era in crescita. Questi scenari, che ormai tutti sperimentiamo direttamente, dovrebbero riportare attenzione (e aumentare risorse) sulla transizione energetica, la cui applicazione e accelerazione permetteranno un intervento diretto sulle cause, globali e locali, del cambiamento climatico e delle sue conseguenze, anche sul settore elettrico.

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