Goal 5: il progetto KAPADA valorizza le donne dell’India rurale

Nel nostro primo articolo sull’Obiettivo 5 degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite (SDG), che riguarda l’uguaglianza di genere, abbiamo analizzato il caso di Liliam Juárez, donna ingegnere di successo che gestisce la sala di controllo di diverse centrali idroelettriche di Enel Green Power nel Guatemala nord-occidentale. Per questo secondo articolo della serie, rivolgiamo la nostra attenzione a un mondo piuttosto diverso: quello delle donne svantaggiate dell’India rurale. Qui, in particolare nello stato occidentale del Gujarat, il nostro progetto KAPADA forma un gruppo di donne di età compresa tra i 20 e i 40 anni affinché diventino filatrici e tessitrici autonome e possano essere economicamente indipendenti. Non solo: il cotone Kala che utilizzano è quasi a zero emissioni di carbonio e la pianta da cui si ricava cresce senza ricorrere all’irrigazione, ai fertilizzanti chimici o ai pesticidi. Le donne imparano anche a tessere la plastica di scarto. Oltre all’Obiettivo 5, il progetto rispetta anche gli Obiettivi 8 (Lavoro dignitoso e crescita economica), 10 (Riduzione delle disuguaglianze) e 15 (Vita sulla terra). La società indiana Come in altri Paesi, anche in India c’è un’urgente necessità di emancipazione delle donne, dato che i risultati ottenuti in questo ambito sono a dir poco contraddittori. Infatti, se da un lato è stato il secondo Paese al mondo a eleggere una donna premier, con Indira Gandhi nel 1966 (il primo è stato lo Sri Lanka, allora denominato Ceylon, con Sirimavo Bandaranaike nel 1960), dall’altro la posizione dell’India nel Global Gender Gap Report del World Economic Forum è bassa: è scivolata dal 108° posto nel 2018 al 212° nel 2020. E, secondo il Global Wage Report 2018/19 dell’Organizzazione internazionale del lavoro, il divario di genere è il più alto tra i 73 Paesi studiati in dettaglio. Secondo un documento del 2020 elaborato da Roshni Kapur e S. Narayan per l’Institute of South Asian Studies della National University of Singapore, intitolato Women Empowerment in India: More needs to be done, L’emancipazione femminile in India: Occorre fare di più, il problema è particolarmente accentuato nelle aree rurali. Il rapporto giunge alla conclusione che “è necessario uno sforzo maggiormente concertato per colmare il divario urbano-rurale e garantire alle donne delle aree rurali lo stesso accesso a istruzione, occupazione, assistenza sanitaria e processo decisionale delle loro omologhe che vivono in aree urbane”. I benefici economici derivanti dall’emancipazione delle donne indiane sarebbero immensi: un rapporto del FMI stima che una pari partecipazione femminile alla forza lavoro potrebbe portare a un aumento del prodotto interno lordo nazionale pari al 27%. L’iniziativa Questo è il contesto dell’iniziativa KAPADA, condotta nei villaggi limitrofi al parco eolico Coral Enel Green Power. Il cotone Kala viene prodotto dalla popolazione locale del Kutch da tempo immemore, ma questioni come l’accesso al mercato, la consapevolezza del valore dei prodotti finali e l’accesso all’acqua ne hanno ostacolato il progresso, negli ultimi anni. Il progetto prevede dunque la formazione delle donne (41 iscritte finora), mentre una ONG partner fornisce loro materie prime e strumenti e facilita i contatti tra le giovani produttrici e il mercato. Rajbai e altre donne della comunità Rajbai Malshi Payar, originaria del villaggio di Dhareshi vicino a Lakhpat, non lontano dal confine con il Pakistan, ha aderito all’iniziativa otto mesi fa. Racconta: “Tradizionalmente il nostro villaggio era dedito alla tessitura, ma si è poi convertito all’agricoltura, che rappresenta una fonte di reddito più affidabile, anche se solo per quattro mesi all’anno”. Il progetto ha permesso a lei e alle altre donne del gruppo di migliorare le proprie capacità in vari tipi di tessitura e cucitura del cotone e della plastica di scarto. “Sono felice di aver riscoperto una tradizione locale e sono particolarmente soddisfatta di poter lavorare da casa e non in una fattoria, attività che comportava un duro lavoro sotto il sole cocente e l’obbligo di seguire gli ordini del proprietario”, conclude Rajbai.

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